La scuola cattolica

Ci sono dei film da cui si può senz’altro imparare qualcosa. La scuola cattolica è uno di questi. Ad esempio, può essere molto istruttivo per spiegare come non si usa la voce off del narratore. Anche i manuali di cinema della Scuola Radio Elettra Torino spiegano che la voce off nel cinema dovrebbe essere usata con molta parsimonia. Lasciamo stare che ci sono esempi magistrali come l’inizio di Viale del Tramonto, ma stiamo parlando di Billy Wilder, non di un Mordini qualsiasi. Due cose sarebbe però meglio evitarle: duplicare con la voce off quanto l’immagine ci mostra dando implicitamente del cretino allo spettatore che necessita di un rinforzo didascalico; utilizzarla per sostituirsi a situazioni o passaggi che potrebbero benissimo essere illustrati dall’immagine. Ora nella Scuola cattolica, invece, vediamo un’annoiata milf high society che si scopa un bullo bellimbusto, compagno di classe del figlio, che gioca al samurai con una katana simulando l’assassinio della madre ed è il buffone della compagnia. Dopo un po’ arriva il pippone della voce off che ci spiega in modo ampolloso che il ragazzo (poruccio) c’aveva problemi in famiglia. Variazione sul tema: di nuovo la voce extradiegetica del protagonista, petulante come Bosetti nel Leonardo da Vinci, sbuca fuori per parlarci del dolore delle mogli che troppo sopportano, un minuto dopo il figlio sorprende il padre che bacia in bocca un suo alunno, mentre la mogliettina prepara il pranzo.
Ma, a parte le idiosincrasie personali, c’è un problema più grave. Non parlo del libro che non ho letto, ma in un film che si chiama la scuola cattolica e tratta del massacro del Circeo magari uno si aspetterebbe che venisse indagato a fondo il rapporto fra educazione cattolica, sesso e violenza. Invece vedi un prete che dice che le bugie sono cattive, un altro che sembra un sergente dei marines, il preside che non persegue dei bulletti (fuochino) e delle metafisiche discussioni sul male nel mondo. Lungi da me ritenere che le scuole cattoliche fossero dei salotti illuministi o il giardino di Epicuro, ma può sorgere il sospetto che questi fossero stronzi e fascisti di loro. Solo il sospetto, perché dello sfondo politico di quegli anni, a parte il fatto che uno era un ammiratore di Hitler, pochino. Poi ci infiliamo un po’ di luoghi comuni triti e ritriti come il prete che va a puttane e la ragazzina tutta casa e chiesa che è matta per il sesso e arriviamo all’epilogo finale. E qui il potere dell’ellisse è sconosciuto. Visto che anche i sassi sanno cosa successe in quella villa al Circeo riprodurlo in scala 1 a 1 sa di compiaciuto voyeurismo. Si fosse usata quella mezz’ora per cercare di farci vedere e capire di più il clima di repressione/ossessione sessuale che permeava le istituzioni cattoliche del passato (e non semplicemente dircelo attraverso l’onnipresente voce off) sarebbe stato più funzionale al film. Bellocchio in un film, non certo perfetto, come “Nel nome del Padre”, c’aveva provato. Mordini rimane solo alle buone intenzioni.

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