Tutto in un giorno

C’è una parola chiave che può evocare il mood del film di Juan Diego Botto. Vergogna. Di che cosa ci si deve vergognare? Di essere poveri? Di non riuscire ad avere il necessario per vivere, nonostante ci si spacchi la schiena sottopagati in qualche impiego precario e non protetto della economia flessibile delle grandi opportunità? Di essere strangolati da mutui iniqui e cacciati dalla propria casa in nome della legge, o ancora di tentare di ribellarsi cercando la solidarietà fra gli ultimi? O non ci dobbiamo forse vergognare di questa società narcisista e opulenta che produce povertà, indigenza, discriminazione?

Queste domande sono alla base di un litigio aspro, il cuore drammatico del film, che contrappone la rabbia di una intensa e sofferente Penelope Cruz, nel ruolo di una donna che lotta per difendere i suoi diritti calpestati, e la rassegnazione del marito (lo stesso regista che si ritaglia una bella parte nel film), schiacciato dalla loro miseria che avverte, interiorizzando il comando sociale, come una colpa. Tre storie ruotano attorno a questo interrogativo, tre storie che si intrecciano nel corso di una giornata, tenute assieme da raccordi spazio-temporali o da legami più profondi, allacciate dall’espediente narrativo delle vicende di Rafael (Luis Tosar), un avvocato di un’associazione a supporto degli indigenti, che è lacerato fra l’urgenza di soccorrere i suoi assisti e i doveri nei confronti della propria famiglia. C’è una giovane madre araba da trovare, perché altrimenti sua figlia rischia di essere assegnata ai servizi sociali, ma c’è anche la compagna dell’uomo da assistere in un passaggio difficile della gravidanza. Compressi in questo dilemma, i margini d’azione dei protagonisti diventano sempre più ristretti ed il film prende il ritmo forsennato di una corsa contro il tempo all’interno della quale i legami umani vengono messi a dura prova prova: alcuni si sfaldano, altri si rinforzano, altri ancora come quello fra Raul, il figliastro di Rafael, e il suo patrigno, si stringono. Non tutto forse funziona nella sceneggiatura: la conversione, ad esempio, del ragazzo da un menefreghismo individualista ad una nuova consapevole coscienza sociale appare un po’ troppo rapida, ma il film rimane comunque un opera sincera, coraggiosa, a tratti, soprattuto quando è illuminata dal volto Penelope Cruz e dalla sua passione accesa,  commovente.

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